E’ il primo dei grandi concorsi nazionali per l’Esposizione Universale di Roma in programma per il 1942 e destinata a diventare un quartiere direzionale nel settore sud della città. L’area è situata a un estremo del primo asse che attraversa la via Imperiale (oggi via Cristoforo Colombo), in posizione opposta a quella riservata al Palazzo della Civiltà Italiana.
La commissione seleziona sette progetti, invitando gli autori a una seconda gara, vinta da Adalberto Libera nel febbraio 1938. Il progetto definitivo presenta una volumetria compatta, basata sull’emergenza del cubo della sala dei ricevimenti dal volume che raccoglie tutte le altre funzioni.
La sala dei congressi ha una pianta rettangolare e sulla sua copertura è sistemato un teatro all’aperto. Coerentemente alla disposizione in sequenza delle due sale e dei rispettivi atrii lungo l’asse longitudinale, l’edificio oppone prospetti prevalentemente pieni sui lati maggiori, per aprire completamente il proprio impianto “basilicale” sui fronti brevi porticati.
Il cuore dell’edificio è la sala dei ricevimenti, quadrata, coperta da una volta a crociera memore degli organismi a pianta centrale schizzati da Libera nel periodo della formazione. Le pareti interne si interrompono nella parte bassa per aprire l’aula al gioco di trasparenze creato dal telaio e dalle rampe a forbice delle scale, che ripetono la stessa forma nell’atrio posteriore.
Il grande apparato decorativo, progettato da Libera e oggetto di concorsi separati (il più importante dei quali è vinto da Giorgio Quaroni e altri per il ciclo musivo della sala dei ricevimenti) viene interrotto definitivamente dagli eventi bellici.
Sospesi i lavori nel 1944, l’edificio viene ultimato nella prima metà degli anni Cinquanta.