Pier Luigi Nervi

Nervi Pier Luigi

Opere realizzate:

Lanificio Gatti   
Aula delle Udienze Pontificie   
Officina Carte Valori della Banca d’Italia   
Palazzo dello Sport   
Stabilimento balneare Kursaal   
Palazzetto dello Sport   
Viadotto di Corso Francia   
Stadio Flaminio   
Magazzino in ferrocemento   

Pier Luigi Nervi (Sondrio, 1891 – Roma, 1979).

Laureato in ingegneria civile nel 1913, Nervi è forse l’architetto italiano del XX secolo più conosciuto nel mondo. A fronte di tale popolarità, questo maestro della costruzione in cemento armato è stata una figura scomoda, ingombrante, difficile da sistemare all’interno della storia dell’architettura italiana. L’emblematico titolo di un suo libro del 1945,
Scienza o Arte del costruire?, fornisce un ottimo indizio sulle ragioni della reciproca distanza tra Nervi e il dibattito architettonico contemporaneo.

Nervi ha agito insieme come progettista, ingegnere e imprenditore: un costruttore – nell’accezione nobile e ormai desueta del termine – che in una sorta di splendido isolamento ha potuto coltivare le condizioni di autonomia della propria ricerca, quasi a difendere l’aspirazione all’universale della forma tecnica dall’avvicendarsi delle mode, ma anche misurare i limiti di una certa autarchia.

Dopo il periodo bolognese di formazione e tirocinio professionale, la presenza nel panorama romano inizia nel 1920 con la fondazione della Società Nervi & Nebbiosi (studio di ingegneria e impresa di costruzioni), che realizza tra l’altro la famosa palazzina di Capponi al lungotevere Arnaldo da Brescia, nella quale Nervi ha occasione di offrire un prezioso contributo sul progetto della scala elicoidale. La società è attiva fino al 1932, quando Nervi costituisce col cugino l’impresa Nervi & Bartoli, che dirigerà fino al 1978.

Negli anni ’30 e primi ’40, durante i quali realizza le sue prime opere importanti (lo stadio Berta a Firenze e le aviorimesse di Orvieto, Orbetello e Torre del Lago), Nervi a Roma si manifesta con proposte progettuali e partecipazioni a concorsi. Ma un terreno di sua proprietà alla Magliana è intanto luogo di sperimentazioni sulla prefabbricazione e il ferro-cemento, che troveranno immediata applicazione nei lavori del dopoguerra. Tra il 1947 e il 1961 insegna all’Università di Roma.

Nella produzione di Nervi non si avvertono le soluzioni di continuità o le crisi linguistiche che hanno investito tanta parte della ricerca architettonica italiana nel periodo della ricostruzione: la sua architettura dell’ingegneria – o architettura inconsapevole, come la chiamava Adalberto Libera – sembra collocarsi in una posizione metastorica. Vi è tuttavia un legame forte con la realtà del tempo, ed è quello dettato dall’adesione alle condizioni strumentali: la tecnica, l’economia di costruzione e la razionalizzazione in un settore ancora caratterizzato da un alto contenuto artigianale delle lavorazioni.

La Roma degli anni del miracolo economico diviene per Nervi un laboratorio, e non solo tecnologico: le sue opere per le Olimpiadi del 1960 sono i manifesti di un’azzardata equazione tra struttura e architettura, che proprio dove le due categorie tendono naturalmente a sovrapporsi – l’infrastruttura urbana e la copertura di grandi spazi unitari – trova gli esiti più convincenti.

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